Si sta per concludere la quarantena dei 102 migranti arrivati con un gommone al porto di Pozzallo la mattina di Pasqua. Nei giorni scorsi il Team MEDU Sicilia si è recato presso il centro di accoglienza ubicato tra le campagne di Ragusa e Comiso scelto per sopperire all’indisponibilitá dell’hotspot dove altri 50 migranti stanno per terminare il loro periodo di isolamento.
Le condizioni psico-fisiche dei migranti sono generalmente buone, pur non senza alcune criticità. Tre di loro sono stati ricoverati in ospedale nei giorni scorsi per TBC, mentre diversi erano i casi di scabbia al momento del loro arrivo a Pozzallo. Durante la visita il Team MEDU ha anche fornito informazioni sulla pandemia in corso, distribuito mascherine e raccolto testimonianze. Queste ultime purtroppo confermano come la situazione dei migranti in Libia sia sempre la stessa: costantemente a rischio di rapimento, detenzione, tortura e sullo sfondo una guerra e la minaccia di un virus la cui presenza è ormai accertata anche lì.
“Sono stato 3 anni in Libia”, ci racconta Y.H., 17 anni, Somalo. “Due li ho passati in una prigione a Beni Walid. C’è una grande buca nel terreno, da cui non si può uscire: è l’ingresso al piano sotterraneo dove mettono i prigionieri, legati a due a due al polso per tutto il tempo: qualunque cosa la devi fare insieme al tuo compagno, incluso andare in bagno. Lì aspetti che ti picchino e torturino.Vedi questa cicatrice vicino al gomito? Me l’hanno fatta con il coltello. Rimani lì dentro a meno che ti vendano o che qualcuno non paghi per la tua libertà. Ci sono ancora tante persone in quel buco, adesso.”