Diario da Pozzallo #5

FacebookTwitter
27 Giugno 2018
Sbarco 26 giugno pozzallo Medu

In hotspot alle 16 si respira una strana aria di quiete. Ben presto, dalle parole ascoltate dai migranti si rende esplicito uno sfondo di paura diffusa “il ministro italiano non voleva accoglierci, non voleva che scendessimo dalla nave”. Sono presenti solo 50 dei 113 sbarcati dalla nave cargo Alexander Maersk la sera del 25 giugno, gli altri sono già stati trasferiti in centri di prima accoglienza. La maggior parte sono uomini sudanesi, due egiziani, una piccola minoranza di eritrei e somali, 4 donne di cui una in stato di gravidanza e un nucleo familiare con tre bambini (2,5;5;8 anni).

Partiti da Tripoli, raccontano di essere rimasti in acque Libiche per circa 28 ore prima di essere soccorsi, quando ormai il gommone pieno di acqua stava per affondare.

Colpiscono i numerosi occhi rossi, un ragazzo con un solo braccio e diversi corpi visibilmente sotto peso, un giovane con difficoltà di deambulazione indicato dai compagni “lui lo hanno torturato con i cavi elettrici”. Non si osservano eccessive criticità cliniche ma la maggior parte delle persone ascoltate ha lasciato il proprio paese da lungo tempo 3/4 anni, qualcuno passando per l’ Egitto prima di giungere all’ inferno libico, portando i segni psico-fisici di una estenuante migrazione.

Il team Medu ha raccolto diverse testimonianze di violenze, percosse e torture avvenute in Libia.

A. appena maggiorenne, racconta di essere stato venduto tante volte in Libia “per due mesi mi hanno rinchiuso in un piccolo container insieme a 30 migranti, chi non pagava veniva torturato da un nigeriano, sono stato picchiato molte volte, non ci davano acqua, ci davano poco cibo una sola volta al giorno, alle 4 del mattino.In un container tra i migranti c ‘erano due corpi morti in stato di putrefazione per spaventarci e convincerci a pagare” quanto detto da questo giovane uomo è stato confermato da altri migranti ascoltati.

M. 24 anni, vittima di torture ripetute ha trascorso gli ultimi 4 anni in Libia, afferma con gli occhi pieni di lacrime ” mi hanno picchiato e umiliato tante volte in Libia, sono stato in prigione (informale) per sei mesi, mi spegnevano le cicche di sigaretta sul corpo” . Durante dei brevi gruppi psicoeducativi emerge, la forte preoccupazione per i fratelli rimasti in Libia, ci chiedono come mai L’ Europa non puó fare nulla per salvarli da quell’ inferno?

W. dal Sud Sudan, ci dice di aver provato nel novembre 2017 ad arrivare in Italia ma di essere stato, dopo poco, fermato dalla guardia costiera Libica, la quale lo riporta indietro “mi hanno portato in una prigione governativa a Misurata dove ci picchiavano tutti i giorni per avere soldi, non avevo nulla, sono rimasto lì due mesi e poi mi hanno venduto” ci spiega che in questa prigione venivano delle persone per comprare i migranti a 50 dinar (equivalenti a circa 16 euro) e poi usarli come forza lavoro gratuita. Il team ha parlato con circa 25 dei migranti presenti in hotspot.
Pozzallo, sbarco del 26 giugno 2018

FacebookTwitter