M.C., 20 anni, Nigeria

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23 Novembre 2017

Non appena sono arrivato a Sabha sono stato detenuto in un carcere informale chiamato “Osopo Prison” gestito da trafficanti ghanesi. Mi hanno messo in una cella con altre 80 persone, ogni giorno subivo percosse e la tortura della “falaka” (percosse sulle piante dei piedi). Ogni settimana i miei parenti erano costretti a pagare 200 dinari libici (124 euro n.d.r) perché rimanessi vivo, mentre per la liberazione erano necessari 3000 dinari libici (1864 euro n.d.r). Sono stato poi trasferito in un altro centro controllato da arabi che uccidevano prigionieri a caso per “dare l’esempio” agli altri affinché non si lamentassero. Durante la prigionia in questo secondo carcere, ho subito torture con shock elettrici (ci mettevano degli elettrodi ai piedi e ci facevano saltellare in una stanza allagata con dell’acqua) e hanno tentato di avvelenarmi con una bevanda a base di piante. Una notte sono stato prelevato dai trafficanti e portato sulla costa libica. Ho visto centinaia di persone sulla spiaggia sorvegliati da guardie armate, che sparavano in direzione delle persone che si stavano imbarcando. Insieme ad un centinaio di persone sono stato richiuso in una barca, costretto in posizione seduta. Prima di lasciarci partire ci hanno urlato “andate a morire per i fatti vostri”.
Testimonianza raccolta presso il Centro Psychè, novembre 2017

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