M., 19 anni, Nigeria

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6 Novembre 2017

Il mio corpo è così massacrato perché quando avevo 6 anni ho subito un’aggressione. Questi uomini volevano sterminare la mia famiglia. Ci sono riusciti. A me hanno versato della benzina addosso, mi hanno chiuso in una macchina e mi hanno dato fuoco. Non so come sia riuscito a sopravvivere. Tutta la parte destra del mio corpo adesso è una immensa cicatrice e il braccio non lo posso più utilizzare. Sono rimasto in coma a lungo. In poco tempo hanno ucciso mio padre e dopo poco mia madre e dei miei quattro fratelli non ho più avuto notizie. Sono rimasto solo e la mia apparenza non mi ha aiutato. Alla gente facevo paura, oppure ribrezzo. Così mi hanno emarginato ed escluso per tutta la vita. Vivevo ai margini, dormivo dove capitava, mangiavo quello che trovavo per strada. Quando ho deciso di partire lo sapevo che non sarebbe stato facile ma non avrei mai immaginato che potesse essere così dura. Sono stato in Libia per otto mesi, due di questi li ho trascorsi in una prigione di Zawia. Mi hanno rapito perché volevano in cambio dei soldi. Io non avevo niente e non avevo nessuno a cu telefonare. Per questo alla fine mi hanno lasciato andare. Anche perché per lavorare non gli servivo a molto. Però mi hanno torturato tutti i giorni in quei dure mesi. Venivano, mi picchiavano e io sapevo che non avevo niente da dargli. Ho pensato che questa volta non sarei sopravvissuto.

Testimonianza raccolta presso l’Hotspot di Pozzallo, 16 ottobre 2017

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