H.G. 33 anni, Eritrea

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6 Settembre 2018

“Sono stata costretta a fare la scuola militare per 6 mesi a Sawa. Non volevo fare l’addestramento ma quando non mi sono presentata la polizia è venuta a cercarmi. In Eritrea tutti sono militari, gli uomini e le donne dopo i 18 anni sono costretti a diventare soldati. Anche mio marito era militare, un giorno è scomparso, credo lo abbiano arrestato, ho provato a cercarlo ma non l’ho mai più risentito. Per cinque anni sono stata costretta a svolgere il “servizio nazionale”, cioè un lavoro che decidono loro e per cui ti pagano pochissimo, quando vogliono possono spostarti e costringerti a un altro lavoro, io non potevo decidere niente, così ho deciso di scappare. Ho deciso di scappare in Sudan e poi in Libia, ho attraversato il deserto con un Toyota, stipata insieme ad altre 75 persone, il viaggio è durato 5 giorni, 20 persone sono morte di sete. In Libia sono rimasta per un anno che ho trascorso in quattro diverse prigioni a Al Chuirif, Bani Walid, Nesma, Al Zaleti. In una prigione mi hanno rinchiusa per due mesi senza luce, lì ho iniziato ad avere dolore agli occhi. Le condizioni erano sempre uguali, ci davano tre o quattro maccheroni al giorno, bevevo acqua sporca con dentro insetti, niente doccia e tutti i giorni ci picchiavano per avere soldi. Durante l’intero viaggio ho pagato 8.800 dollari. Penso a quello che ho vissuto e a tutte le persone che sono rimaste in Libia. Questo pensiero mi tormenta. Prego per loro.”
Testimonianza raccolta in hotspot a Pozzallo durante il mese di agosto 2018

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